Claire Juge è una regista francese di film documentari. Nel 2014, durante i suoi studi all’Università Aix-Marsiglia, gira il suo primo cortometraggio documentario intitolato Parades. Lavora poi da freelance a Stuttgart (Germania). Nel 2020, realizza À travers Jann.
Questo film segue la vita di Jann Gallois, una ballerina e coreografa di 29 anni. Il suo corpo è al centro di tutto. Le animazioni di Justine Vuylsteker, associate al documentario di Claire Juge, lo mettono in rilievo: involucro dell’anima, strumento di lavoro, mezzo di espressione… È forte, resistente ma soffre e ha bisogno di cure. Un giorno, Jann ne perde il controllo e deve imparare di nuovo a dominarlo. Il suo corpo celeste e il suo corpo terreno saranno finalmente riuniti tramite la danza?
Prod. ✶Novanima✶
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Intervista di Claire Juge:
- Perché Lei ha filmato la testimonianza di una ballerina? Come si è svolto il Suo lavoro con Jann Gallois?
Ogni film che ho fatto finora mi ha permesso di affinare e di capire meglio ciò che mi commuove nel mondo intorno a me. E constato ogni volta che sono i corpi e i modi di vivere con loro che mi toccano. La maniera in cui ogni persona esprime consapevolmente o inconsciamente cose a proposito di se stessa. La maniera in cui un gesto, un’andatura può raccontare qualcuno. Insomma, voglio esplorare il nostro rapporto al corpo in tutti i suoi aspetti e mostrare quanto può essere bello. Quindi ho scelto quasi naturalmente la danza e i*le ballerini*e dopo i miei studi. Affascinata dall’estrema padronanza dei loro corpi. Domande in mente e formiche nelle gambe. E ho scoperto Jann. Jann e il suo corpo elastico. Jann e i suoi gesti precisi. Jann e il suo desiderio di esplorare di più con me questo corpo che sembrava conoscere bene. Quindi ho cominciato a filmarla nel suo lavoro di creazione, di ripetizione, a farle domande sul suo corpo quotidiano. Senza troppo sapere dove stavo andando ma con l’intuizione che c’erano cose da raccontare. Per tre anni, l’ho osservata, con o senza la mia cinepresa, abbiamo parlato molto, difetti sono apparsi nell’apparente padronanza perfetta di questo corpo e ho scritto un dossier che avrebbe finalmente conservato una piccola parte di questi tre anni, la mia selezione personale diciamo. Due anni supplementari sono stati necessari, accompagnata dalla società di produzione Novanima, per trovare il budget indispensabile per le riprese e la creazione dell’animazione.
- Le sensazioni, i dubbi e le domande sembrano attraversare Jann. Lei potrebbe spiegarci la scelta del titolo del film?
Jann mi aveva detto durante una delle nostre interviste filmate che aveva capito che lei sarebbe sempre «attraversata» dalla gente, dalle cose, dalle sensazioni e che quest’azione di essere attraversata la metteva in moto e creava la sua danza. L’idea del titolo è nata così e ci aggiungo, quanto a me, l’idea che lo spettatore è invitato a vedere dentro di Jann, aldilà della sua apparenza fisica, ma anche a vedersi se stesso attraverso Jann. Per me questo titolo, è uno specchio semi-opaco. Attraverso il corpo e la storia di Jann, spero di invitare ogni spettatore a farsi le stesse domande e a svegliare il proprio corpo.
- Quale(i) rappresentazione(i) del corpo Lei ha voluto trasmettere? Un corpo forte, un corpo debole?
Niente di così binario. Jann è un corpo estremamente forte a prima vista che si rivela fragile e limitato a certi momenti. Voglio solo cercare di esprimere l’idea che il nostro corpo fa parte di noi, che ci costituisce come individuo allo stesso modo e a volte addirittura più che il nostro cervello. Siamo il nostro corpo.
- Per questo film, Lei ha lavorato con Justine Vuylsteker. Com’è nata la vostra collaborazione?
Justine è arrivata abbastanza presto nel processo. La redazione del dossier non era affatto finalizzata. Ho sentito rapidamente la necessità di integrare dell’animazione al film perché le storie che Jann mi raccontava non erano all’inizio visuali. Non conosco affatto l’animazione, era molto difficile per me immaginare una forma precisa di animazione. Justine era sensibile al progetto e alle storie di Jann. Quindi si è occupata di tutta la direzione artistica dell’animazione e abbiamo immaginato insieme durante una settimana di residenza i dispositivi di animazione che dovevano accompagnare le storie di Jann.
- Jann evoca la «famiglia (…) celeste e (la) nuova famiglia terrena» del bambino tra 0 e 6 mesi. Secondo Lei, a quale universo il suo corpo potrebbe appartenere?
Io stessa sono assai poco spirituale ma forse Jann direbbe che esso si trova tra i due mondi, in un posto di transizione, di passaggio. Preferisco lasciare correre in libertà l’immaginazione di ognuno. Per quanto mi riguarda, ci ho visto un volo di storni che girano in cerchio tra il cielo e la sua silhouette bianca.